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OGNUNO AL SUO POSTO ?!

In sociologia con “ruolo” si definisce l’insieme dei comportamenti attesi e delle regole che si devono rispettare per il solo fatto di ricoprire una determinata posizione sociale. Ogni persona è tenuta a conformarsi ai ruoli sociali presenti nella società in cui vive: ad esempio, il ruolo di studente comporta un insieme di diritti e doveri, così come il ruolo di genitore o di insegnante, che dobbiamo rispettare.

Questa è una prospettiva che si basa sull’idea che le persone si comportino in modo prevedibile in base alla posizione sociale che ricoprono. Ciò consente di semplificare le interazioni tra gli individui e di controllare la complessità del mondo che ci circonda.

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Quando si parla di “ruolo di genere”, invece, non si fa riferimento alla posizione sociale, ma si intende l’insieme dei comportamenti che, culturalmente e socialmente, vengono attesi dagli individui per il fatto di essere uomo o donna. In questo caso la differenza biologica è il punto di partenza per assegnare ruoli e comportamenti senza tenere conto che ci possono essere preferenze e attitudini individuali diverse rispetto a comportamenti e attività che vogliamo pensare appartengano al genere opposto.

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Questa differenziazione è piuttosto simile nella maggior parte delle società e secondo la prospettiva funzionalista ciò dipende dal fatto che sia più efficiente per la società stessa. In altri termini, una società funziona meglio se ai suoi membri viene insegnato a svolgere ruoli particolari. In questo senso la differenza sessuale diventa un mezzo per stabilire la divisione del lavoro: la femmina partorisce e si occupa della prole e della casa e il maschio lavora e si occupa del cibo e della protezione della famiglia.

Questo meccanismo si struttura in modo così profondo da far sembrare la differenza dei ruoli sociali come fatto spontaneo e da far considerare alla donna la dipendenza dall'uomo come cosa "naturale".

Secondo Talcott Parsons e Robert Bales (siamo negli anni Cinquanta del Novecento) questa divisione di ruoli rimane fondamentale anche nelle società moderne. Secondo questi autori, per il buon funzionamento della famiglia è necessaria (come nei secoli precedenti) la presenza di due adulti specializzati in ruoli specifici: per l'uomo/padre un ruolo "strumentale" di rapporto con l'esterno; per la donna/madre un ruolo "espressivo" rivolto ai rapporti interni alla famiglia.

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Le società indirizzano gli individui verso un insieme di comportamenti “standard” che dipendono proprio dal genere a cui appartengono. Il processo di apprendimento attraverso cui i bambini imparano cosa ci si aspetta da loro in quanto maschi o femmine e quali sono le norme comportamentali legate al loro sesso biologico è chiamato socializzazione di genere.

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Gli studiosi delle teorie del conflitto ritengono che i tradizionali ruoli sessuali possano essere serviti a far funzionare la società preindustriale, ma che non abbiano più tale importanza nelle società moderne. Anzi, oggi pensare di impedire o di ostacolare la metà della popolazione a svolgere un ruolo attivo nella vita produttiva porterebbe a disfunzioni notevoli. Per cui, non potendolo fare per questioni economiche e organizzative, spesso si relega la donna a ruoli secondari. 

Il sociologo contemporaneo Randal Collins ha sostenuto che la diseguaglianza sessuale ha alla base un conflitto di interessi: viene cioè sfruttata dal gruppo dominante per conservare i privilegi acquisiti. Tale diseguaglianza, inoltre, è collegata alla diseguaglianza economica, perché la ricchezza consente di acquisire potere e prestigio. 

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Oggi sappiamo che la natura umana è varia e flessibile e che di fatto non esistono attività, interessi o comportamenti esclusivamente maschili o femminili. Non esistono, insomma, “cose” da maschi e “cose” da femmine: esistono solo “cose” che ci piace fare o nelle quali riusciamo meglio.

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