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Avv. Ilaria Sala

Intervista a cura di Lara

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Quali funzioni ha una Consigliera di Parità e quali sono i motivi principali per cui le persone la contattano?

La funzione della Consigliera di Parità è quella di intervenire e controllare in caso si verifichino situazioni di disuguaglianza e di discriminazione tra uomini e donne. La figura della Consigliera di Parità è stata proprio istituita con lo scopo di promuovere e controllare l’attuazione dei principi di uguaglianza, di opportunità, di non discriminazione di uomini e donne nel mondo del lavoro. Viene nominata ogni quattro anni dal Ministero per le Pari Opportunità e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tra persone che sono in possesso di particolari esperienze e competenze in materia di lavoro femminile e discriminazione di genere.

Le persone che si rivolgono a me sono principalmente donne che hanno portato problemi di conciliazione tra la vita e il lavoro, problemi di accesso al lavoro o mancato accesso al lavoro in seguito ad una maternità, molestie sul posto di lavoro. Ho anche seguito due casi di discriminazione per disabilità.

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Cosa l’ha spinta a proporsi come Consigliera di Parità? Vi sono stati eventi particolari che l’hanno portata a questa scelta?

Non c’è stato un evento particolare, penso che il mio desiderio di offrirmi per questo incarico sia un po' dovuto al mio percorso sia professionale che personale che ho fatto nel corso degli anni. Posso dire che io sin da giovane sono stata volontaria attiva di Amnesty International, poi ho cominciato gli studi giuridici e, in particolar modo, ho approfondito il campo delle discriminazioni. Nel momento in cui ho iniziato a lavorare nell’ambito della violenza contro le donne, che è una delle principali forme di discriminazione contro le donne, mi è venuto abbastanza naturale propormi quando si è offerta la possibilità per questo incarico.

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Rispetto alla sua esperienza lavorativa, invece, ci sono dei casi che l’hanno toccata particolarmente?

Si, io sono un’avvocata e quindi mi occupo di diritto e della tutela dei diritti. Si può pensare che a volte il ruolo dell’avvocato sia una professione un po' sterile, di semplice applicazione di una legge. In realtà facendo l’avvocato si ha a che fare con la vita delle persone perché i diritti, soprattutto quando sono negati, toccano direttamente la vita degli individui.

Ci sono casi che mi hanno colpito più di altri. In particolar modo, essendo avvocata in un centro antiviolenza, quando mi occupo di situazioni di violenza contro le donne e contro i loro figli. Questi sono casi che ti coinvolgono direttamente perché entri nella loro quotidianità e senti anche la responsabilità del fatto che, a volte, le tue scelte possono ricadere sulla vita delle persone che si affidano a te in un momento molto delicato.

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Come si è sentita nel momento in cui ha dovuto rapportarsi a casi di discriminazione? Come ha reagito?

Il sentimento che provo sempre quando mi raccontano una storia di discriminazione è l’indignazione perché anche se le forme di discriminazione che noi conosciamo per sesso, disabilità, razza, religione e genere soprattutto si ripetono più o meno con le stesse modalità, ogni storia è unica e io non mi abituo mai all’ingiustizia. Ci sono delle discriminazioni che possono anche non apparire tali o normali, ad esempio la classica domanda che si fa alle donne quando fanno un colloquio di lavoro: se hanno intenzione di avere figli; una domanda che può apparire banale, in realtà è una domanda che intanto all’uomo non si fa e che poi determina la scelta tra assumere un uomo e assumere una donna.

Se noi consideriamo questi fatti normali, in un certo senso li accettiamo e permettiamo che si continuino a fare, e quindi dal mio punto di vista l’indignazione è quello che mi dà la spinta per reagire attraverso gli strumenti che ho a disposizione sia con il mio ruolo da Consigliera di Parità, sia nel mio ruolo di avvocato, quindi utilizzando il diritto per la difesa delle persone. 

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Secondo Lei quanto ancora ci vorrà per raggiungere la parità di genere?

Vi rispondo con quello che è emerso da un’ultima ricerca del Global Gender Gap Report del 2020 che è stato stilato dal World Economic Forum, in cui si ipotizza che ci vorranno circa 100 anni.

Rispetto ai problemi di discriminazione e di differenze di genere, l’Italia si colloca al 76° posto sui 153 Paesi coinvolti nella ricerca. Considerando che nel Mondo ancora oggi il 35% delle donne subisce un qualche genere di violenza (fisica o sessuale), che nell’Unione Europea una buona percentuale di donne guadagna meno degli uomini pur nelle stesse condizioni lavorative e che su 193 capi di governo solo 10 sono donne, c’è ancora tantissimo da fare per superare quel divario dei genere che impatta su tutti i livelli della vita (personale, quotidiana, di lavoro, di salute).

Ritendo che occorra lavorare molto sul tema degli stereotipi di genere, che possono sembrare inoffensivi ma che in realtà influenzano tantissimo e contribuiscono ad alimentare le discriminazioni. Occorre lavorare sull’immagine della donna nei social media, occorre lavorare sull’educazione e sulla parità dei sessi a partire dalla scuola materna e dall’esempio in famiglia.

Quello che è certo è che ad oggi nessun Paese, ricco o povero che sia, ha raggiunto la parità tra uomo e donna.

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