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Avv. Giovanna Prato

Intervista a cura di Alessia

01/

Lei è Presidente del CPO dell'Ordine degli avvocati di Biella. Ci può illustrare cosa fa nello specifico il Comitato?

Il Comitato per le Pari Opportunità è un organismo elettivo presente in ogni ordine degli avvocati di ogni foro italiano ed è formato da un numero variabile di componenti.

In linea generale si occupa di tutte le tematiche che riguardano le pari opportunità. Può garantire equità di genere e stabilire condizioni dell’esercizio della professione su un piano paritario o sostenere  progetti (come il vostro, che ne è un ottimo esempio) che sono esterni all’avvocatura ma che sono volti a diffondere una cultura delle pari opportunità. Il Comitato, infatti, non solo lavora per garantire la parità di genere, ma agisce anche ad esempio riguardo la disabilità o le discriminazioni legate all'orientamento religioso. 

In estrema sintesi, il Comitato è volto a difendere, in special modo, tutti i diritti di cui gode ogni individuo.

02/

Come si muove il Comitato nel biellese?

Vi racconto qualche nostro "cavallo di battaglia".

Un progetto, che risale ormai a qualche anno fa, riguardava le famose "quote di genere" nei consigli di amministrazione delle società pubbliche quotate. Era piuttosto articolato: innanzitutto avevamo censito tutte le società pubbliche del territorio per verificare che applicassero concretamente la legge (inserendo quindi le donne nel loro Consiglio di amministrazione); avevamo poi attivato un percorso formativo di 26 ore nelle materie specifiche di amministrazione societaria per rafforzare le competenze di potenziali candidate al Consiglio ed infine abbiamo agito con  una campagna di sensibilizzazione.

Un altro progetto di cui siamo molto orgogliosi è stata la realizzazione di eventi formativi nelle scuole dell'obbligo, nelle scuole serali e nelle classi della Casa Circondariale. Questi eventi avevano come obiettivo la diffusione dei temi legati ai diritti fondamentali dell’uomo. Gli interventi erano adeguati alle varie età, per esempio con i bambini avevamo realizzato pannelli colorati per insegnare loro che ad ogni diritto equivale un dovere. Siamo molto orgogliosi di questo progetto perché si è sviluppato per molti anni e si sta evolvendo anche a livello nazionale.

Abbiamo anche fatto eventi pubblici con presentazioni di libri, in collaborazione con la Biblioteca Civica di Biella, che avessero come oggetto il tema dell’avvocatura e dei diritti umani, nonché una serie di progetti sui temi della giustizia. 

03/

Recentemente ho letto un articolo riguardo la vicenda di una pallavolista, Laura Lugli, licenziata perché incinta. Nel 2021 una sportiva che decide di diventare madre può ritrovarsi senza lavoro?

La risposta ovviamente è no. Questo è un tema importante, per questo ci tengo a chiarire che, tecnicamente, questa pallavolista non è stata licenziata ma il suo contratto è stato sospeso. Questo perché in Italia non è ancora stato riconosciuto il professionismo femminile negli sport e ciò crea sicuramente un grandissimo limite perché ogni donna che gioca a livello agonistico viene considerata come se lo stesse facendo a livello amatoriale. La vera battaglia in Italia, quindi, è quella di riconoscere la natura professionale del lavoro delle sportive. A proposito di ciò, ci sono moltissime associazioni che si battono per questo e diversi sono i progetti di legge proposti e che speriamo vengano approvati presto.

 

Per quanto riguarda lo specifico caso, da avvocata dovrei certo leggere le carte, ma dagli articoli di giornale che proprio come voi ho letto sembrerebbe che ci siano delle violazioni piuttosto macroscopiche, tra cui quella della privacy. La società sportiva, sulla linea difensiva, ha ribadito infatti che la dipendente “non ha detto che avrebbe desiderato avere un bambino”. Un comportamento, questo da parte della società, assolutamente fuori legge.

04/

Il 9 dicembre del 1977 viene approvata la Legge Anselmi, una legge che prevede parità nel lavoro tra uomini e donne. Secondo Lei, in Italia questa parità si è concretizzata realmente?

La risposta è ovviamente no anche a questo quesito. Noi oggi abbiamo sulla carta una parità assoluta tra uomo e donna che discende anche nell’articolo 3 della Costituzione, che riguarda il principio di uguaglianza. Ma tantissime normative dovrebbero sancire ad ogni livello la parità tra uomo e donna, compresa quella salariale. Non tutti sanno che la prima uguaglianza salariale in Europa fu voluta qui nel Biellese: durante la Seconda Guerra mondiale le associazioni sindacali garantivano parità salariale tra le operaie e gli operai delle fabbriche (ndr “Il patto della montagna”). Questa fu una vittoria importante, ma purtroppo ora sembra che si stia tornando indietro.

È molto interessante, però, un progetto di legge oggetto di discussione in Senato che prevede una serie di rimedi concreti volti a garantire questa parità salariale. Tra questi rimedi vi è quello di imporre alle aziende una trasparenza nelle informazioni sulla remunerazione tra uomini e donne, obbligandole a chiarire le modalità e i termini di pagamento. Purtroppo è noto che tra i due generi vi sia una differenza salariale media che va dall’11% al 30 %, anche a parità di mansione svolta e di ore lavorate. L’approvazione di questo progetto di legge sarebbe sicuramente un passo importante anche per noi avvocati in quanto avremmo un'arma formidabile per difendere le lavoratrici e dimostrare su basi certe e statistiche questa loro discriminazione.

05/

In Italia sappiamo quindi che le differenze di genere in ambito lavorativo sono molto radicate. Negli altri paesi europei si è raggiunta questa parità? 

Sicuramente l’Unione Europea è all’avanguardia dal punto di vista della legislazione sulla tutela dei generi e delle politiche di genere, ma purtroppo manca di incisività in quanto è assente un potere esecutivo vero. L’UE può fare delle norme, ma non ha il potere di incidere con delle politiche attive sui singoli Stati. Il Governo europeo è un governo che ha un potere “a metà” e questo si è notato anche durante questa pandemia.

Se noi ci raffrontiamo agli altri Paesi europei e rimaniamo sempre nell’ambito salariale, in Italia le donne vengono pagate il 18% in meno rispetto all’estero e per quanto riguarda l'uguaglianza di genere l'Italia è al 18esimo posto sui 24 Stati membri.

06/

Secondo il Suo pensiero, noi giovani possiamo agire affinché queste discriminazioni vengano superate?

Voi dovete agire, non solo potete farlo. Siete la nostra speranza!

Credo che moltissime donne e soprattutto ragazze debbano sentirsi più libere dal “dovere di cura”. Non perché questo non esista, ma perché non è solo un dovere delle donne ma anche degli uomini. A questo proposito trovo molto belle le pubblicità dell’Ikea degli ultimi giorni in cui si pubblicizza uno scolapiatti e lo slogan è ‘Non aiutarla a lavare i piatti!’, a ribadire che i lavori domestici non devono essere considerati come un’incombenza femminile in cui l’uomo può aiutare, ma piuttosto come una condivisione di compiti. Sembra poco ma questo è un salto culturale enorme in un Paese come il nostro, che soprattutto la vostra generazione deve diffondere.

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