Dott.ssa Elena Chiorino
Intervista a cura di Chiara
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Lei è Assessore ad ambiti determinanti per la società, quali il lavoro e l’istruzione. Quali erano le aspettative che aveva prima di iniziare questo incarico e quali gli obiettivi che si è posta?
Quando ho iniziato questo incarico mi sarei aspettata di tutto fuorché vivere l’attuale situazione che ci siamo trovati a vivere e questo ha sicuramente cambiato molte delle prospettive iniziali. Ormai lavoriamo in situazione di emergenza da più di un anno e, ad esempio, le risorse precedentemente previste per determinate azioni, sono state spostate per attuare un supporto alle categorie più colpite. Per quanto riguarda l’essere un assessore donna – personalmente preferisco utilizzare il termine assessore e non assessora – la prima considerazione che posso fare è che in generale oggi sicuramente le donne in politica sono di più rispetto a quando ho iniziato io. Le prime esperienze di politica militante le ho iniziate più o meno alla vostra età, dedicando parte del mio tempo libero dallo studio, e all’epoca le donne erano poche. Nel tempo credo siano cambiate le scelte e gli interessi e questo ha portato più donne a intraprendere percorsi in ambito politico. Quindi, personalmente, posso dire di non aver mai incontrato grandi problemi in questo senso. Le difficoltà ci sono e la strada è impegnativa, ma non impossibile. Per esempio, il leader del mio partito è una donna con figli e questo può aiutare a capire che si può essere madri e contemporaneamente avere delle ambizioni di carriera, senza essere costrette a scegliere. Io sono contraria alle quote rosa, le trovo discriminanti, perché non sai mai se ti chiamano solo in quanto “donna” o perché ti ritengono brava e capace. Sono invece assolutamente d’accordo a rafforzare la parità di genere, in qualunque ambito lavorativo non solo in politica: aumentare i servizi, ridurre i costi degli asili, ad esempio, serve ad evitare che le donne debbano scegliere tra carriera e figli o debbano ridurre le proprie ambizioni lavorative. Il grande limite per le donne, a mio avviso, è essere costretti a scegliere tra essere madri o lavoratrici.
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Tra tutti gli stereotipi di genere, quali ritiene che siano i più pericolosi e perché? Ritiene che il problema sia solo delle donne o sia della società intera?
A me sembra che a volte si arrivi addirittura ad esasperarne il concetto. Se parliamo di stereotipi di genere, ad esempio, mi viene in mente che la donna che in riunione alza la voce o si fa valere viene identificata come “isterica”, quando magari un uomo può sentirsi più libero di agire in questo modo. La donna deve stare attenta a manifestare alcune reazioni, che all’uomo è consentito mostrare in quanto la lettura che ne viene data è diversa.
A volte, invece, mi pare si arrivi all’eccesso nell’andare ad esasperare altri tipi di stereotipi. Penso ad esempio quando si sollevano questioni razziali quando non vogliono esserlo. Se un individuo commette un reato ed è straniero, la cosa principale su cui occorre prestare attenzione è il reato commesso e non la sua etnia. A volte invece l’attenzione viene focalizzata su questo aspetto, spostando il discorso su una errata contrapposizione tra “razzisti” e “buonisti” e gli stereotipi che si vengono a creare fanno male al dibattito e impediscono di capire quale sia la posizione maggiormente condivisibile.
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Perché permane ancora oggi l’idea che esistano ambiti lavorativi maschili e ambiti lavorativi femminili e in particolare che le donne non siano considerate adeguate a ricoprire determinati ruoli?
Io non penso ci sia una valutazione della donna come adeguata o inadeguata. La donna secondo me si porta dietro tutti quei pregiudizi che riguardano ad esempio i compiti della maternità o della gestione famigliare che andrebbero a interferire nell’equilibrio tra carriera e famiglia. Non penso sia una questione di adeguatezza in termini di preparazione e capacità della persona, ma di condizioni fornite dalla società che non supporta la donna in carriera nel momento in cui essa sceglie di diventare anche madre. Detto ciò, è altrettanto vero che in alcune circostanze deve dimostrare più capacità e competenze di quelle richieste ad un uomo per riuscire ad ottenere la medesima considerazione sociale o affrontare il pregiudizio che vede, dietro una donna che ha raggiunto il successo, un uomo che ne ha appoggiato l’ascesa. Per questo se le donne iniziassero, come sta succedendo sempre più spesso, ad acquisire maggiore consapevolezza di loro stesse, la questione degli stereotipi diventerebbe una bella sfida da affrontare e non un handicap. Il fatto che ci siano sempre più donne a ricoprire ruoli apicali può essere l’occasione giusta per dimostrare il nostro valore. Non si può negare poi che molto spesso il problema delle donne siano le donne stesse, che invece di supportarsi a vicenda entrano in conflitto. La solidarietà femminile non è sempre presente e questo va a vantaggio del genere maschile. Per questo personalmente non punterei il dito sempre e solo verso gli uomini o verso la società in generale, perché spesso la colpa è nostra. Quindi non solo esistono pregiudizi e non solo occorre muoversi in termini di parità di genere, ma anche modificare il nostro atteggiamento rispetto alla categoria.
04/
Solitamente si pensa che alle STEM, ossia alle discipline tecnologiche e scientifiche, siano più interessati o portati gli studenti maschi. Qual è il suo pensiero in merito?
Purtroppo è vero, poiché i dati ci mostrano che è un ambito ritenuto ancora molto maschile. Erroneamente perché se andiamo a vedere i risultati le donne negli ambiti delle STEM (NdR Discipline Scientifiche, tecniche, ingegneristiche e matematiche) tendenzialmente raggiungere grandi eccellenze. Questo per me è inspiegabile, per questo ho fatto avviare un'indagine dall’IRES Piemonte – un istituto di ricerca sociale per le indagini statistiche qualitative e quantitativa – per capire il motivo per il cui così poche donne si rivolgono a questi ambiti. Contemporaneamente, nell’ambito della programmazione degli interventi, ho deciso di declinare una percentuale dei soldi dei Fondi europei proprio per le politiche di orientamento di quelle donne che dimostrano interesse verso le STEM. I risultati della combinazione dei due interventi si vedranno nei prossimi anni. Personalmente credo anche che le donne spesso scelgano di precludersi questi percorsi per un eccesso di perfezionismo. La ricerca darà comunque un quadro di lettura più preciso.
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Secondo Lei stiamo affrontando la lotta agli stereotipi nel modo giusto? E cosa possono fare concretamente la scuola e gli enti locali per contribuire positivamente a superare questo problema?
Anche in questo caso ci sono tanti elementi da considerare. Io non penso che gli stereotipi di genere vadano combattuti, come è successo in alcune scuole, organizzando giornate in cui per esempio i maschi vengono fatti vestire di rosa e le femmine di azzurro. Credo che gli stereotipi di genere siano una cosa e l’identità un’altra e in questo non ci deve essere confusione. In questo ambito sono sempre attenta a tutelare le identità, per questo imposizioni come queste non le condivido. Anche per combattere gli stereotipi, alla base di tutto, secondo me, ci deve essere il rispetto. In famiglia, ad esempio. Ci sono famiglie dove la mamma torna dal lavoro e poi deve anche occuparsi della gestione domestica, mentre il padre se ne sta sul divano. Non parliamo dei casi in cui sia la donna a scegliere di occuparsi della casa, piuttosto capire quanto sia supportata in questo ruolo. Nel momento in cui sin da piccoli i bambini vengono educati al rispetto, i compiti possono essere distribuiti e viene spontaneo aiutare in casa. Se si educa al rispetto reciproco, in automatico ci si metterà tutti a disposizione. Per quanto riguarda l’educazione al rispetto, un importante contributo proviene dagli insegnanti che nelle scuole continuano a portare avanti la lotta al fenomeno del bullismo. Se un comportamento coì non viene corretto, il bambino rischia da adulto di ripetere gli stessi errori e sarà molto più influenzabile dai pregiudizi.
La tematica degli stereotipi di genere è delicatissima. Per questo credo che per affrontare e superare correttamente queste situazioni occorra non cadere nel vittimismo. Diversamente sarebbe deleterio, perché l’intera tematica ne verrebbe colpita. La cultura e l’istruzione possono fare un grandissimo lavoro per affrontare i problemi legati alle discriminazioni e il confronto educato e costruttivo è lo strumento adatto per portare avanti la cultura del rispetto.