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Dott.ssa Sonia Borin

Intervista a cura di Sara

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Quali sono i principali ambiti di intervento di un assessore alle pari opportunità?

Sottolineando che il concetto di pari opportunità abbraccia non solo la parità di genere ma le pari opportunità per tutti, i compiti di un umile assessore comunale sono principalmente quelli di intercettare tutte le possibilità di azione sul territorio e tutte le possibilità offerte da specifici bandi di finanziamento pubblici (nazionali, regionali, locali). Inoltre è compito di un assessore aderire e supportare, per quanto possibile, alle occasioni di promozione e diffusione del messaggio della parità tra i cittadini.

Probabilmente a livello di grandi Città Metropolitane, il ruolo ed anche la dotazione finanziaria di un Assessore alle pari opportunità sono più importanti e consentono di agire in modo più incisivo sul territorio, realizzando progetti più ambiziosi e di larga diffusione. Man mano che si scende alle realtà locali più piccole, le possibilità di intervento sfumano e perdono di potenzialità poiché a queste vengono riservate poche, pochissime risorse, non per mancanza di volontà da parte degli amministratori, ma perché i bilanci dei Comuni devono fare i conti con tantissime priorità ed urgenze e con una ormai strutturale limitatezza di mezzi economici che risultano, così, insufficienti per coprire tutte le richieste dei vari Assessorati.

La figura dell’Assessore alla pari opportunità in ogni realtà pubblica serve comunque come controllo e monitoraggio del territorio e come punto di riferimento nel caso in cui le diverse reti di supporto e figure specializzate del territorio non riuscissero ad intercettare un problema od una particolare esigenza.

02/

I cittadini hanno mai evidenziato la presenza di problemi o di discriminazioni nelle loro attività quotidiane? Se sì, in quali ambiti?

Mi sono confrontata per questa risposta anche con gli uffici competenti ma non risultano pervenute al Comune segnalazioni relative alle discriminazioni di genere. Di solito, infatti, eventuali problematiche sono segnalate direttamente al Sindacato di categoria, piuttosto che al Cissabo, alle Forze dell’Ordine oppure alla Consigliera di Parità della Provincia ma raramente, chi si sente discriminato, si rivolge agli uffici comunali. Preferisce piuttosto rivolgersi direttamente alle figure specializzate e competenti presenti sul territorio.

03/

In che modo può intervenire una pubblica amministrazione per contrastare la lotta alle discriminazioni e agli stereotipi?

A mio parere, il ruolo della Pubblica Amministrazione, funge sempre nei confronti dei cittadini da importante esempio di applicazione delle pari opportunità ed è un dovere primario proprio da parte del settore pubblico dare l’esempio con un impegno costante in favore delle pari opportunità nel lavoro.

Vi sono inoltre, molti obblighi normativi che impongono severi controlli e monitoraggi dell’applicazione delle pari opportunità: ad esempio la legge regionale del Piemonte, n° 5/16, che assegna alle Province il contrasto alle discriminazioni e la promozione delle pari opportunità.

In secondo luogo, il nostro Comune aderisce alla rete territoriale contro le discriminazioni della Provincia di Biella ed ha firmato in passato anche un protocollo di intesa con Cissabo e le associazioni del territorio biellese che si occupano di vittime di discriminazioni e di violenza di genere, con l’obiettivo di monitorare il fenomeno ed arginarlo con aiuti concreti e forniti da personale adeguato e specializzato.

Infine, al suo interno, il Comune di Cossato finalizza la propria azione al raggiungimento della effettiva parità tra uomo e donna, attraverso la redazione annuale di un piano di azioni positive che monitora le condizioni di lavoro, gli ambienti di lavoro, le azioni di miglioramento e gli obiettivi raggiunti.

Ed in ultimo, non dimentichiamo che la Pubblica Amministrazione può e deve cogliere ogni segnale e suggerimento provenienti dal territorio, che siano occasioni per divulgare il messaggio della parità di genere: mostre, rappresentazioni teatrali ed artistiche in genere, interventi sul territorio come la posa delle panchine rosse, letture, proiezioni cinematografiche a tema e tutto quanto possa essere di sostegno a questo importante messaggio.

04/

​Quali sono, secondo Lei, i settori nei quali le donne subiscono più discriminazione rispetto agli uomini? E perché nel 2021 ancora si parla di stereotipi di genere?

Penso sia molto difficile fare un elenco esaustivo dei settori nei quali le donne sono discriminate.

In questi ultimi anni ho potuto osservare una lenta ma positiva evoluzione rispetto al tema della discriminazione di genere in ambito lavorativo e questo mi fa ben sperare. Vale la pena ricordare che il tasto più dolente quando si parla di discriminazione di genere, è la difficoltà di accesso al mercato del lavoro da parte delle donne: questa discriminazione pone l’Italia tra gli ultimi Paesi in Europa per la partecipazione femminile al mercato del lavoro. In secondo luogo, quando le donne superano questo primo ostacolo ne trovano altri due: una discriminazione “orizzontale”, sulla tipologia del settore nel quale possono lavorare, sulle mansioni affidate e sulla retribuzione a cui poter aspirare. E poi trovano una seconda discriminazione, “verticale”, circa la possibilità di fare carriera e di occupare posizioni di vertice.

Quando nel 2001 iniziai a lavorare in una grande azienda di consulenza alle imprese e la mia responsabile dell’epoca mi raccontò che lei era stata la prima donna ad essere stata assunta in quell’azienda, nel 2000, la cosa mi stupì molto. Un po’ perché gli anni 2000 erano “il futuro” per antonomasia e mi sembrava impossibile che ci fosse ancora una discriminazione di genere così marcata, un po’ perché provenivo da una realtà famigliare con un papà che mi ha insegnato, sin da ragazza, che potevo fare le stesse cose degli uomini e per lui avrei potuto benissimo fare il suo mestiere, che era quello dell’elettrauto.

Nelle moltissime aziende che ho visitato ho notato che le donne sono maggiormente collocate nei settori impiegatizi, mentre per i ruoli operativi e di comando vengono scelti uomini. Quasi sempre, insomma, dietro la scrivania del “capo” c’è un uomo.

Diversa è invece la realtà che ho incontrato durante il mio incarico di Assessore. Ho piacevolmente constatato che nella Pubblica Amministrazione, un esempio è il Comune di Cossato, l’adeguamento alla parità di genere “viaggia” molto più speditamente che nel settore privato.

Un discorso a parte invece, lo devo riservare al settore della governance politica, che mi sembra ancora troppo fermo “al palo”: i ruoli di governo sono da sempre maschili e questo posto di comando, gli uomini, non lo vogliono cedere. La politica, per donne che devono conciliare l’impegno famigliare con quello politico e spesso anche quello lavorativo, diventa un’impresa decisamente ardua se non impossibile. In politica il divario di genere diventa un abisso.

Nel 2021, e ancora per molti anni temo, si parlerà di stereotipi di genere: confesso che a volte mi coglie uno scoramento da tanto riesco a constatare come il gap da colmare sia così radicato ed atavico, da sembrare quasi una “mission impossible”.

Senza dubbio un aiuto fondamentale potrebbe provenire dalle riforme di carattere strutturale che lo Stato dovrebbe porre in essere: riforme che siano esse stesse paritarie nel concedere congedi ed incentivi e nel favorire la conciliazione tra il lavoro delle donne e la gestione famigliare (perché non dimentichiamo che il carico famigliare dell'accudimento di  anziani e bambini grava quasi esclusivamente sulla componente femminile della famiglia). E deve essere creata una rete di supporto alla famiglia, con un’impostazione pubblica e un percorso unico di istruzione composto da nido, materna, elementari e medie.

D’altra parte, però, queste riforme non saranno sufficienti senza un vero e proprio cambiamento culturale che deve partire da ciascuno di noi. Le differenze di genere sono principalmente nella nostra testa e nella nostra mente: bisogna insegnare alle bambine, ai bambini e soprattutto alle loro famiglie che il rispetto per l’altro prescinde dal genere e che il genere non deve essere discriminante nelle scelte di vita.

05/

Si sente spesso parlare di "quote rosa". Cosa pensa di questo provvedimento e ritiene che possa essere determinante nella lotta alle discriminazioni di genere?

Il provvedimento delle quote rosa ha nei suoi obiettivi certamente lodevoli, quello di garantire la parità di genere in ambito lavorativo e quello di equilibrare la presenza di uomini e donne nelle sedi decisionali.

In un Paese ideale non dovrebbero esistere le quote rosa, ma – ahimè – l’Italia ha ancora un forte gap di genere in ambito sia pubblico sia privato.

Le quote rosa sono dunque una forzatura legislativa per me accettabile se finalizzate ad assicurare più possibilità di accesso per le donne ai ruoli decisionali in ambito pubblico. Non posso, per coerenza e correttezza, ignorare il fatto che il mio primo incarico di Assessore aveva anche una componente legata al rispetto delle quote rosa.

Nonostante la strada percorsa per colmare il divario di genere, l’obiettivo è ancora molto lontano; non si deve infatti dimenticare che, puntualmente ad ogni turno elettorale, viene avviata la “caccia” ai nomi femminili perché anche le liste elettorali devono rispettare una precisa percentuale di quote rosa.

Quanto sopra la dice lunga sulle sfide che l’Italia deve ancora vincere, soprattutto dal punto di vista culturale, per raggiungere una parità di genere vera ed effettiva che non sia solo un dato “drogato” dal fatto che una legge imponga la scelta di una donna anziché di un uomo.

La domanda che spesso mi faccio e che non trova risposta è “come sarebbero composti il Parlamento, il Governo, il Senato, le varie governance locali se non ci fossero gli obblighi imposti dalle quote rosa?” Sono ragionevolmente sicura che la bilancia penderebbe a favore del genere maschile e non dimentichiamo che quasi sempre, la scelta sui nominativi rosa è espressione di una volontà maschile, un imprimatur che a volte rischia di sminuire – agli occhi dei meno evoluti - il valore dell’incarico.

Per superare questi dubbi che ci provocano molte insicurezze, possiamo cogliere ed interpretare la quota rosa non come un limite, ma piuttosto come un’opportunità che, se pur concessa in virtù di una norma di legge, è comunque un’occasione per inserirsi nel mondo della governance pubblica a qualunque livello e dimostrare di essere al pari degli uomini.

In definitiva ritengo che questo provvedimento non sia determinante nella lotta della discriminazione di genere, il progresso vero si avrà solamente con una reale svolta culturale della quale le donne devono essere le promotrici, in primis le mamme e mogli di oggi e di domani, che dovranno insegnare ed applicare per prime la parità di genere nel contesto famigliare sin dalla prima infanzia, affinché questo concetto venga poi applicato anche al di fuori della famiglia, nella vita e nelle scelte di ogni giorno.

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