Dott. Francesco Garzetti
Intervista a cura di Bassma, Alice, Micol, Viola
Trascrizione di Sara
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Di cosa si occupa Cissabo e quali settori gestisce?
Cissabo è un consorzio intercomunale, tra 23 comuni del Biellese orientale, che si occupa della gestione dei servizi socio-assistenziali, di servizi educativi per minori o giovani adulti in situazioni di fragilità o persone disabili e di interventi, ad opera di operatori socio-sanitari che lavorano con minori, adulti e anziani, a domicilio.
Si occupa anche dei rapporti con le strutture residenziali per anziani, minori e disabili e lavora con altre organizzazioni del cosiddetto “terzo settore”, soprattutto cooperative, con associazioni di promozione sociale.
Cissabo gestisce anche i centri anti violenza, le comunità protette, i servizi di accoglienza per migranti, per cui si va dai conteggi dei centri di accoglienza straordinaria allo sfratto, fino a tutto il sistema di accoglienza plurale, cioè quei servizi dedicati alle persone in situazioni di povertà o condizioni estreme, per cui anche senza fissa dimora o con grossi problemi economici.
Quest’organizzazione è composta da circa una quarantina di dipendenti assunti direttamente da questo consorzio, un direttore che gestisce tutta la struttura ed infine una specie di “giunta” che definisce le linee strategiche in modo funzionale.
Io, Francesco Garzetti, mi occupo di servizi per disabili e di progetti di sostegno alla domiciliarità.
Tale consorzio ha anche una parte di responsabilità rispetto ad un altro servizio che prende il nome di “consultorio per le famiglie”, che si trova alla Casa della Salute, a Cossato in via Maffei.
Questo intervento fatto con la collaborazione delle ostetriche ed una psicologa, è rivolto soprattutto ai genitori e ai neo genitori in situazioni fragili, maternità difficili o interruzioni di gravidanze.
Cissabo sostanzialmente si occupa quindi di disabilità, nel senso di residenzialità, di anziani e di attività rivolte ad adulti e neo genitori.
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Quali sono gli stereotipi e con quali si scontra con più frequenza nei servizi che gestisce?
Un primo stereotipo, che è in realtà un vero e proprio stigma, riguarda le persone con disabilità che vengono considerate, a prescindere, incapaci e che devono pertanto essere accudite; tale stereotipo può quindi declinarsi come un assoluto rifiuto o come un'accoglienza spesse volte eccessiva che può creare delle difficoltà.
Si può, in tale circostanza, riscontrare un'analogia anche con gli stereotipi sugli anziani che vengono considerati soli o indifesi, quando sovente non è così.
Il problema degli stereotipi è proprio questo: si viene costretti in un'immagine e una dimensione che non è la nostra, ma è ciò che gli altri credono che noi dovremmo essere.
Questo può risultare per alcuni fastidioso, per altri rassicurante poiché sono le persone che mi circondano a definirmi e non devo farlo io.
In realtà gli stereotipi, non sempre negativi, in quanto ci consentono, ad esempio, di valutare e definire tutto il mondo che ci circonda; un mondo pieno di stimoli, pieno di cose che noi non possiamo controllare poiché, spesso, dobbiamo dare delle risposte abbastanza velocemente. Il problema è che da “risposte immediate” non dovrebbero diventare una struttura permanente.
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Quale rapporto intercorre tra stereotipi, pregiudizi e discriminazioni nella nostra quotidianità? Sono sempre evidenti?
Secondo me non sono sempre evidenti anche se stereotipi e pregiudizi possono risultare utili.
Se però non siamo in grado di riconoscere i nostri pregiudizi e i nostri stereotipi, cioè non siamo consapevoli che sono degli strumenti che ci servono per poter affrontare le situazioni in maniera poco dispendiosa, in quel caso si crea un problema poiché si trasformano in strutture che non possono essere superate, diventando perciò delle vere e proprie discriminazioni; possono infatti essere vantaggiosi durante una prima conoscenza, ma è proprio quest’ultima che ci dovrebbe aiutare a superarli.
Bisognerebbe pertanto esserne consapevoli per poter trasformare i pregiudizi in giudizi più assennati, non generalizzati e contestuali alla situazione in modo che non siano precostruiti.
Se non c’è questo passaggio da pregiudizio a giudizio, allora il primo potrebbe diventare una discriminante.
La questione è quindi quella di riuscire a non fermarsi al primo giudizio, anzi al pregiudizio, ma riuscire ad entrare proprio in contatto con le situazioni e, in questo caso con le persone, per poter non discriminare a prescindere; non farle quindi rientrare in quello che avevamo prima, ossia uno stereotipo dato da altri, dal quale non si riesce più ad uscire.
La difficoltà è proprio la generalizzazione perché generalizzando troppo non si è più in grado di rappresentare la complessità dei rapporti umani.
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A suo giudizio, ci sono categorie che possono sentirsi immuni dagli stereotipi e quindi dalle discriminazioni?
Io penso che immune dagli stereotipi non ci sia nessuno.
Gli stereotipi, in fondo, sono delle strutture con le quali noi rappresentiamo il mondo, per cui nessuno sfugge da quella cosa.
Le discriminazioni sono qualcos'altro perchè quando questa prima struttura rimane, diventa una gabbia dalla quale non si può più uscire.
Ovviamente ci sono situazioni in cui è più facile discriminare soprattutto perché hai meno possibilità di definirti e perché hai meno potere di concettualizzazione e di negoziazione; un bambino con una persona adulta ha sicuramente meno potere, per cui deve stare all'interno di una costruzione definita.
Tra adulti può diventare invece discriminatorio quando uno dei due non riconosce la parte adulta dell'altro.
Penso quindi che mentre gli stereotipi siano delle strutture che ci servono per muoverci ed orientarci nel mondo, la discriminazione va a colpire soprattutto alcune categorie, in particolare quelle che possono negoziare di meno con gli altri, che hanno meno potere ossia un’identità debole.
A volte l'atteggiamento discriminatorio attiva dei comportamenti disturbanti, sintomatici che, a loro volta, aumentano la discriminazione, facendo entrare il soggetto in un vero e proprio circolo vizioso.
Tutti siamo quindi vittime di alcuni stereotipi; al contrario però le discriminazioni non riguardano tutti quanti perchè alcune categorie, o alcuni generi, ne sono più soggette.
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Perché una società dovrebbe proseguire la lotta agli stereotipi e alla discriminazione?
E’ solo una questione di etica?
Il fatto che sia solo una questione etica, in realtà è importante, poiché è a tutti gli effetti una questione di etica, poiché noi ci muoviamo nel mondo in base a dei principi e dei valori.
Abbiamo quindi, un’etica che ci permette di dare un senso alla nostra esistenza.
L’etica in questione, però,è diversa dall'etica, per esempio, dai valori etici dell’inizio del Novecento, dal momento che c’è stato uno sviluppo del pensiero, in quanto le persone hanno voluto uscire da quella gabbia di stereotipi.
Possiamo anche dire che le discriminazioni bloccano una serie di risorse all’interno delle società, però, il fatto che ci sia anche una questione morale ed etica, è fondamentale.
Questo, ovviamente, è portato direttamente da coloro che vengono discriminati, dal momento che sono proprio loro a “alzare la mano” e ribellarsi alle discriminazioni stessa, e questo permette di avere delle consapevolezze di quelle modifiche che si devono attuare all’interno della società.